Il Boeing 777 della compagnia asiatica è stato abbattuto nei pressi di Donetsk da un missile S-300 o Buk. Le vittime, fra passeggeri ed equipaggio, sono 298.
I morti sono 298. Non 295, come si è continuato a ripetere nelle prime ore dopo lo schianto. Fra questi, 80 bambini. Il Boeing 777-200ER della sfortunatissima Malaysia Airlines (stessa compagnia e stesso modello del volo MH370 scomparso nel nulla l’8 marzo scorso) è stato abbattuto da un potente missile S-300 o un Buk. Questo è l’unico dato sul quale sembrano tutti d’accordo.
Il secondo, in particolare, è un terra-aria pensato per implementare sistemi antiaerei di cui sono dotate sia le forze armate ucraine sia le armate separatiste filorusse, che tuttavia negano di disporne e che controllano ampie aree del Sud-Est del Paese. Il Gadfly, così è noto nel gergo Nato, raggiunge i 14 chilometri di altezza in un raggio di trenta.
Il velivolo, che pare avesse 17 anni, è scomparso dai radar quando erano le 15,15 di ieri pomeriggio ora italiana (16,15 ora ucraina). In quel momento si trovava a circa 50 chilometri dal sempre più permeabile confine fra Ucraina e Russia, nei pressi di Torez. È precipitato poco dopo in un’ampia radura vicina a Shaktiarsk, non lontano da Donetsk. L’altitudine era quella standard per i voli commerciali: circa 10mila metri. Era decollato poco dopo mezzogiorno dall’aeroporto di Amsterdam-Schipol ed era diretto all’aeroporto internazionale di Kuala Lumpur.
Secondo le ultime verifiche, non si capisce come mai così lente e faticose, fra i 283 passeggeri c’erano 154 olandesi, 27 australiani, 23 malesi, 23 statunitensi, 11 indonesiani, 9 britannici, 4 tedeschi, 4 belgi, 4 francesi, 3 filippini e un canadese. Sulla provenienza dei rimanenti non si sa ancora nulla. A queste vittime vanno ovviamente aggiunti i 15 membri malesiani dell’equipaggio.
Secondo i controlli condotti dal ministero degli Esteri italiano è anche emerso che a bordo dell’MH17 c’erano “un cittadino italo-olandese e il figlio”. Gli incroci dei dati con le autorità internazionali continuano, al momento non sembrano esserci altri italiani coinvolti. Nel pomeriggio di ieri Matteo Renzi ha parlato di “una notizia drammatica e dai contorni molto preoccupanti”.
Già nei minuti successivi al fatto è iniziato uno scaricabarile da Guerra fredda sulle presunte responsabilità. Mentre Vladimir Putin sosteneva, in modo sibillino, che è colpa dell’Ucraina e che “non sarebbe successo se non avesse ripreso le operazioni militari” per difendere il proprio territorio, da Kiev il neopresidente Petro Poroshenko parlava senza mezzi termini di “atto di terrorismo”. Nel frattempo la situazione sul campo, nelle ore successive alla tragedia, è rimasta piuttosto confusionaria, con le due scatole nere in mano ai filorussi, a quanto pare già inviate a Mosca, e l’area inizialmente vietata a soccorsi e autorità ucraine (ma aperta ad alcuni media della federazione).
Barack Obama, dopo essere stato chiamato nei primi momenti da Putin e aver definito una “terribile tragedia” quanto accaduto, ha sentito Poroshenko chiedendo che tutte le prove rimangano sul terreno finché gli investigatori internazionali non saranno in grado di chiarire “tutti gli aspetti della tragedia”. Difficile che accada, visto che stando alle immagini pubblicate su diversi social network i pezzi del velivolo e dei corpi risultano finiti in una zona di diversi chilometri (secondo un ministro russo fino a 15) e fra i rottami si aggira chiunque.